Charo sta facendo un pediluvio bollente. È seduta sulla tazza del cesso e tiene i piedi nel bidè, mentre sorseggia una vodka ghiacciata. Colazione speciale, bisogna riconoscerlo.


Milton Manera: professione «venditore di alibi». Charo: indiavolata fotoreporter lesbica. Un omicidio da prima pagina. Un suicidio da ultima. E un filo rosso di violenza e sopraffazione con cui la coppia più scalcinata della nera tenta di imbrigliare gli ex colleghi della cronaca. Lussi sfrenati e miserie impensabili. Da una città innominata, piena di contraddizioni, al cuore della Romania. Per liberare le proprie «bestie» rabbiose e concedersi ancora il gusto di una birra gelata.


Pannolini sporchi. Tacchi a spillo. Scatole di cibo per gatti destinate ad altri palati. Lettine di birra marca Berlin. Una confezione di biscotti miele e sesamo. Uno spazzolone da cesso. Due taniche vuote e bucate. Un rosario. La copertina di Sono un pirata, sono un signore di Julio Iglesias. Un leone di peluche alto un metro e mezzo, a cui qualcuno ha messo addosso un cappotto verde fatto a mano e un cappello con scritto Gerry.
Ho sempre trovato che ci sia una poesia nei rifiuti, nei dettagli di certi accampamenti disgraziati. E mi vergogno ogni volta di questo pensiero. Perché è la poesia di chi è sicuro di poter scappare via da qui, dopo aver scattato le fotografie necessarie e imbastito centro righe di retorica per il giornale di domani. Oggi infatti lo spettacolo mi sembra diverso dal solito. Un pugno nello stomaco.
Soltanto miserie.
Charo spara raffiche ad ogni passo. L’otturatore della sua Reflex è un rumore familiare. Scendiamo fra mattoni e tegole ondulate di amianto, dentro una discarica di vecchie lavatrici scarnificate. La ciminiera ora incombe su di noi. Copre tutto il cielo.
Doru deve essere qui, da qualche parte.